Immobiliare Fratini di Fratini Fratini Egidio

News Argomenti

  • SURROGA DEL MUTUO;
  • CLASSI ENERGETICHE;
  • SUCCESSIONE EREDITARIA;
  • OCCUPAZIONE ABUSIVA DEGLI IMMOBILI come tutelarsi;
  • MANDATO AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO;

 

 

 

SURROGA DEL MUTUO COSA E' E QUANTO COSTA FARLA

 

Chiamata anche con l’espressione “portabilità del prestito”, la surroga del mutuo consente al mutuatario di trasferire il finanziamento ricevuto in una nuova banca che offre prezzi e condizioni più favorevoli rispetto alla precedente.

Se, dal canto suo, l’istituto di credito che ha già concesso il mutuo non può fare nulla per impedire la surroga (se non avanzare una controproposta con tassi d’interesse più agevolati o altri tipi di benefici), invece il nuovo istituto può scegliere se accettare il subentro del nuovo debito oppure respingerlo.

Per avanzare la richiesta di surroga del mutuo, una volta individuato il nuovo istituto di credito con condizioni più vantaggiose, occorre presentare la domanda tramite lettera raccomandata. A questa andranno allegate tre tipologie di documenti relativi al richiedente:

  • dati anagrafici;
  • estremi lavorati;
  • riferimenti del vecchio mutuo.

 

In linea di massima, effettuare la surroga del mutuo non prevede il pagamento di spese accessorie a carico del mutuatario. Infatti, al di là della cosiddetta tassa sull’ipoteca del valore standard di 35 eurotutti gli altri costi sono a carico dell’istituto di credito presso cui verrà spostato il mutuo.

In particolare, sarà la nuova banca a pagare le spese per l’istruttoria della pratica, quelle per gli atti notarili o quelle per l’eventuale svolgimento di una perizia dell’immobile vincolato al finanziamento.

Infine, è bene ricordare quali sono le tipologie per cui è possibile richiedere la surroga del prestito:

  • mutuo prima o seconda casa;
  • mutuo liquidità;
  • mutuo per la ristrutturazione;
  • mutuo già surrogato;
  • mutuo fondiario;
  • mutuo accollato;
  • mutuo chirografario.

Infine, occorre specificare come non esistano limiti o restrizioni temporali per la richiesta di surroga del mutuo. Solamente, può capitare che il nuovo istituto di credito richieda di verificare che siano state saldate almeno 12 o 24 rate del finanziamento stipulato con la banca precedente.

 

 

CLASSI ENERGETICHE DELLA CASA: QUALI SONO E COME SI CALCOLANO

L’efficienza energetica di una casa, o di qualsiasi edificio aperto al pubblico, si calcola in base a dei parametri che gli esperti devono sommare. L’edificio viene poi inserito in una scala di valori definita classe energetica. L’informazione diviene visibile al pubblico, o riportata in chiaro nel testo degli annunci immobiliari, con l’indicazione del colore, da verde vivo intenso (la classe più efficiente) a rosso scuro (la meno efficiente). 

Vediamo cosa cambia, come funziona quando bisogna costruire un edificio nuovo, e come si calcolano le classi energetiche delle case accatastate, o in vendita e in affitto. 

Come si calcolano le classi energetiche delle case

L’esperto tecnico incaricato a valutare la classe energetica di una casa è chiamato a calcolare e valutare lo stato di efficienza dell’edificio. Il calcolo avviene sulla base dei seguenti parametri:

  • Dimensioni del fabbricato;
  • Qualità e stato dei materiali che compongono l’edificio e degli infissi (essenziali per capire se ci sono possibili dispersioni di calore o sprechi di energia);
  • Condizioni climatiche (fattore importante per la scelta dei giusti materiali e impianti generali);
  • Presenza o meno di impianti sostenibili o a energia rinnovabile;
  • Messa in opera o meno di lavori di ristrutturazione o interventi di miglioramento energetico. 

Il tecnico esperto calcola il valore espresso in Epgl (acronimo di Indice di Prestazione Energetica Globale), che è la somma di tutti i parametri e dei singoli servizi domestici presenti, espressa in kWh/mq/anno (consumo di energia in un anno, in rapporto alle dimensioni dell’edificio). 

Quali sono le classi energetiche della casa

La scala dei valori della classificazione energetica di una casa è frutto della valutazione tecnica. La classe A è affiancata dal colore verde, che cambia di gradazioni rispettivamente ai 4 livelli migliori di efficienza, quindi dal verde intenso al verde chiaro. La “A” rappresenta la classe più elevata in assoluto. Più precisamente indica i migliori valori di prestazione energetica globale, le cui cifre sono riportate in sigla Epgl (acronimo di Indice di prestazione Energetica globale). 

La scala si conclude con la lettera G, di colore rosso più intenso, ed è la classe energetica inferiore in assoluto, vale a dire quella più inquinante e più costosa in termini di consumi energetici.

Riportiamo la scala di classificazione energetica aggiornata in base ai nuovi standard per ottenere una casa green, dalla classe di consumo energetico più efficiente ai valori più inquinanti:

  • Classe A4 (è la migliore in assoluto, con valore Epgl pari a 0,40);
  • Classe A3 (valori compresi tra 0,40 e 0,60 Epgl);
  • Classe A2 (valori di consumo energetico tra 0,60 e 0,80 Epgl); 
  • Classe A1 (da 0,80 a 1,00 Epgl);
  • Classe B (consumi maggiori di 1,00 e minori o uguali a 1,20 Epgl); 
  • Classe C (Epgl tra 1,20 e 1,50); 
  • Classe D (i consumi salgono tra 1,50 e 2,00 Epgl);
  • Classe E (maggiore di 2,00 e minore o uguale a Epgl 2,60); 
  • Classe F (efficienza dei consumi maggiore di 2,60 e minore o uguale a Epgl 3,50);
  • Classe G (è la peggiore classe energetica valutata in valori di consumo maggiori di 3,50 Epgl).

A cosa serve la classe energetica della casa 

Il tecnico chiamato a valutare la classe energetica di un edificio o abitazione civile deve rilasciare il cosiddetto APE (Attestato di Prestazione Energetica). È il documento ufficiale che attesta i livelli di consumo e di efficienza energetica del fabbricato, appunta dal più efficiente (A4) al peggiore (G).

Da queste valutazioni dipendono altre variabili sullo stato dell’immobile, ossia:

  • se dovrà essere adeguato a standard sempre meno inquinanti;
  • se occorreranno opere di ristrutturazione con o senza incentivi Ecobonus o altri sgravi;
  • il consumo degli impianti e degli elettrodomestici;

Come faccio a sapere la classe energetica della mia casa

Il valore in scala dell’immobile che stiamo per acquistare, o prendere in affitto, è riportato sul certificato o sull’Attestato di Prestazione Energetica (APE), che ha validità di 10 anni. Gli attuali documenti sostituiscono il vecchio ACE (Attestato di Certificazione Energetica), in ottemperanza alle normative e ai nuovi standard di efficienza stabiliti con gli accordi europei sul Green Deal.

La classe energetica è importante per chi acquista o affitta casa, poiché da questo dato dipenderanno i consumi delle utenze domestiche. Più è bassa la classe energetica, tanto più l’acquirente o inquilino consumeranno e inquineranno l’ambiente con emissioni sempre maggiori. 

Inoltre, da queste informazioni è possibile regolarsi:

  • con l’acquisto degli elettrodomestici di classe energetica adeguata;
  • con la scelta su eventuali lavori di ristrutturazione (ad esempio, un nuovo cappotto termico per ridurre consumi e dispersioni);
  • con il costo da pattuire e gli adeguamenti da considerare. 

Qual è la classe energetica per nuove costruzioni

Le ottemperanze cambiano per le nuove costruzioni edilizie. Se per i vecchi edifici diventa obbligatorio modificare la classe energetica tramite lavori e adeguamenti, entro date prestabilite, per quelli nuovi da costruire o in fase di costruzione bisogna attenersi ai parametri che cambiano nel tempo, a seconda delle normative vigenti.

Secondo la direttiva europea Case Green, tutti i costruttori e proprietari di edifici residenziali dovranno costruire seguendo step che hanno l’obiettivo di raggiungere entro date prestabilite, la classe energetica più alta e tendente a emissioni zero.

 

 

SUCCESSIONE EREDITARIA

La successione determina il subingresso  di una persona nel patrimonio attivo e passivo del defunto. Il nostro ordinamento prevede tre diversi tipi di successione: testamentaria, leggitima e necessaria. Nella nostra rubrica dedicata a "La casa in pillole" il notaio Liana Benincaso illustra ciascuna di queste tipologie, i diritti del coniuge e del convivente di fatto e spiega anche quali sono le imposte da pagare sulla dichiarazione di successione.

I diversi tipi di successione ereditaria

Come spiega il notaio Benincaso "I tipi di successione presenti nel nostro ordinamento sono tre: la successione legittima, la successione testamentaria e la successione necessaria. La successione testamentaria è quella che si apre disponendo dei propri beni con un testamento. Nell'ipotesi in cui il defunto non abbia lasciato un testamento, supplisce la legge con quella che viene definita come successione legittima. La legge infatti prevede quali sono le quote che spettano a determinate categorie di successibili, in base al rapporto di parentale che lega il successore con il defunto"

La successione necessaria

"Nell'ipotesi in cui qualcuno muore senza lasciare nessun parente entro il sesto grado, l'eredità si devolve allo stato. La successione necessaria è la successione che la normativa riserva a determinate categorie di eredi che sono definiti i legittimari ed è una successione molto importante perché rispetta il vincolo familiare, il vincolo di sangue, tra il defunto, i coniugi e i figli e laddove non vi siano i figli, gli ascendenti"

Diritti successori coniuge

"Al coniuge oltre alla quota che la legge gli riserva spettano dei diritti che sono automatici, a prescindere che siano scritti o meno nel testamento. Questi diritti sono il diritto di abitazione nella casa adibita a residenza coniugale e il diritto di uso dei mobili che corredono la casa"

Diritti successori coniuge separato

"Nel caso di un coniuge separato in forma consensuale spettano gli stessi diritti del coniuge non separato. La legge Cirinná, legge del 2016, ha dato una parziale regolamentazione anche alla convivenza di fatto, o di persone che senza una struttura formalizzata convivono, o persone dello stesso sesso legate da un vincolo affettivo"

La dichiarazione di successione

"Quando si presenta una dichiarazione di successione vanno pagate tre tipi di imposte, l'imposta di successione, l'imposta ipotecaria e l'imposta catastale. La dichiarazione di successione è obbligatoria in ogni caso, tranne uno. Ovvero quando il defunto lascia come eredi il coniuge e i parenti in linea retta, sia ascendenti che discendenti, quando non abbia lasciato beni immobili o diritti immobiliari e vanti dei crediti non superiori ai 100mila euro, importo questo che è stato ampliato a favore del contribuente a partire dal 2014. Quando concorrono questi tre fattori è possibile evitare la presentazione della dichiarazione di successione e il pagamento delle imposte"

 

 

OCCUPAZIONE ABUSIVA DELL'IMMOBILE: come tutelare il proprietario

La difficoltà di liberare l’immobile abusivamente occupato preoccupa sempre più i proprietari italiani. Al punto che in Parlamento sono al vaglio nuove disposizioni penali volte a rafforzare la tutela dei proprietari lesi. Gli strumenti previsti nel nostro sistema a favore del proprietario esistono, anche se in corso di revisione. Ne abbiamo parlato con il team di HospitalityLaw Lab e in particolare, per gli aspetti privatistici (liberazione dell’immobile e il risarcimento dei danni), con Donatella Marino, avvocato fondatore di HLL che ha dedicato un team di legali al Real Estate e alla Hospitality.

Il nostro sistema civilistico, spiega il team di HospitalityLaw Lab, non sempre garantisce una tutela immediata al proprietario che rimane spogliato del suo potere di fatto sull’immobile e dunque del relativo utilizzo a causa dell’illegittima occupazione da parte di un soggetto terzo. Non solo. Il proprietario che dovesse decidere di agire in autonomia si espone alla contestazione di alcune fattispecie di reato. Deve quindi sempre instaurare un procedimento davanti a un giudice e solo al momento dell’esito (favorevole) potrà essere coinvolta la forza pubblica.

Quando si può parlare di occupazione “abusiva” di un immobile?

L’occupazione “sine titulo” o “abusiva” si realizza quando la persona che occupa l’immobile non ha alcun titolo per farlo.

Per esempio, perché non è proprietario dell’immobile, né è conduttore con contratto di locazione o comodato venuto meno per scadenza o altra causa, né un ospite debitamente invitato. Nel nostro sistema l'occupazione c.d. abusiva di un immobile configura un illecito civile, che obbliga l'autore al rilascio dell’immobile e al risarcimento dei danni.

Quali sono quindi i rimedi per l'occupazione abusiva di un immobile a tutela del proprietario?

I principali rimedi civilistici volti ad ottenere la liberazione di un immobile occupato sono inquadrabili in più categorie. Da una parte, il procedimento speciale di sfratto, per il quale è previsto un rito snello, volto a garantire al locatore, nei casi indicati dalla legge, una condanna al rilascio in tempi relativamente rapidi. Dall’altra, i procedimenti che tutelano direttamente il diritto di proprietà e che richiedono delle verifiche più approfondite, con conseguente allungamento dei tempi. A questi si aggiungono, in presenza dei presupposti, i procedimenti generalmente denominati cautelari, volti ad ottenere una tutela immediata anche se non necessariamente definitiva.

Il proprietario può beneficiare del rapido procedimento di sfratto in caso di occupazione abusiva dell'immobile?

In genere no, e questo è un primo problema, in quanto il procedimento di sfratto (descritto agli Artt. 656-657 c.c.) è più rapido e snello di quello ordinario.

Il proprietario, in caso di occupazione abusiva, può invece iniziare un giudizio per rivendicare la proprietà dell’immobile,

oppure per essere reintegrato nel possesso che gli è stato sottratto o, in presenza dei presupposti, per ottenere un provvedimento di urgenza che gli garantisca una qualche tutela immediata ma provvisoria.

In cosa consiste il giudizio volto a rivendicare la proprietà di un immobile?

L’azione di rivendicazione è un procedimento descritto all’Art. 948 del Codice civile tramite il quale il proprietario chiede al giudice di accertare il suo diritto di proprietà e di condannare quindi il soggetto che sta occupando “abusivamente” il suo immobile turbandone l’esercizio a restituirglielo. Il procedimento però è più lungo e oneroso rispetto al procedimento di sfratto sotto vari profili.

Secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, infatti, nel caso di “chi dispone di fatto del bene nell'assenza anche originaria di ogni titolo... la domanda è tipicamente di rivendicazione, poiché il suo fondamento risiede non in un rapporto obbligatorio personale inter partes, ma nel diritto di proprietà tutelato erga omnes, del quale occorre quindi che venga data la piena dimostrazione, mediante la probatio diabolica” (Cass. S.U. n. 7305/2014).

Ciò significa che, perché la domanda di rivendicazione sia accolta, chi agisce per la liberazione, deve provare un titolo di acquisto originario (acquisto che per lo più deriva dall’usucapione).

 Quando invece il proprietario può chiedere al giudice questa “reintegrazione nel possesso”?

Se il proprietario è anche possessore e lo spossessamento è avvenuto “violentemente” (contro la volontà del possessore) od “occultamente”(il possessore non ne è a conoscenza al momento in cui viene compiuto), può, entro l'anno dallo spoglio, chiedere la reintegrazione del possesso e ri-ottenere, con un procedimento un po’ meno complesso la disponibilità dell’immobile.

In cosa consiste invece, la “tutela cautelare” d’urgenza?

In pratica, nei casi in cui chi ritiene di essere titolare del diritto riesce a dimostrare una verosimile esistenza dello stesso (c.d. fumus boni iuris) e il rischio che il ritardo possa causare danni al suo soddisfacimento (c.d. periculum in mora)

può agire con il procedimento d’urgenza (ex Art. 700 c.p.c.), volto ad ottenere provvedimenti che provvisoriamente possano assicurare gli effetti della decisione definitiva, come la condanna al rilascio.

Come un privato può ottenere il risarcimento dei danni per l'occupazione abusiva dell'immobile?

Il proprietario può ottenere il risarcimento dei danni che gli sono stati causati dall’occupazione sine titulo dell’immobile secondo le regole ordinarie. Sulla natura del danno da occupazione “abusiva” c’è un ampio dibattito tra i giudici. Recentemente la Corte di Cassazione (S.U. 33645/2022) ha stabilito che

in questi casi si presume che esista un danno da perdita subita (c.d. danno emergente), ovvero la perdita della concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento del bene.

Che, se non può essere provato in maniera precisa nel suo preciso ammontare, viene parametrato dal Giudice al canone locativo di mercato.

Quanto poi al mancato guadagno, la Corte lo esemplifica nello specifico pregiudizio subito, quale la mancata concessione, a causa dell’occupazione, del godimento ad altri verso un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato, ovvero la mancata vendita ad un prezzo più conveniente di quello di mercato. Questo tipo di danno deve però essere provato dal proprietario secondo le regole ordinarie.

 

QUANTO DURA IL MANDATO DI UN AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO? ECCO QUANTO RESTA IN CARICA

 

L’amministratore di condominio svolge un ruolo chiave nella gestione e manutenzione del complesso edilizio. La sua figura è disciplinata dalla legge italiana, anche perché il ruolo comporta responsabilità civili, penali e amministrativi

La normativa specifica compiti, responsabilità e durata del mandato, esattamente come avviene nella gestione politica e amministrativa di enti pubblici e organizzazioni gerarchiche di potere. Quanto può durare in termini temporali questo ruolo di responsabilità?

La durata del mandato dell’amministratore condominiale dipende dalle normative vigenti e delle diverse situazioni. Vediamo come funziona.

Durata della carica: L’articolo 1129 del codice civile italiano stabilisce che la durata del mandato dell’amministratore di condominio è di 1 anno. 

Al termine del primo anno, l’assemblea condominiale può rinnovare il mandato dell’amministratore per un altro anno. Il rinnovo può avvenire: 

  • automaticamente: se l’assemblea non delibera in merito alla nomina di un nuovo amministratore, o nel caso non si trovi una maggioranza dei voti né per confermare, né per revocare il mandato in corso;
  • esplicitamente: con una votazione dell’assemblea condominiale.

Al fine di tutelare i propri diritti e interessi, è importante che i condomini siano consapevoli delle normative vigenti in materia di durata del mandato dell’amministratore e delle diverse casistiche previste.

Quante volte si può essere amministratori di condominio?

La legge italiana pone alcuni limiti al rinnovo del mandato dell’amministratore condominiale, che riguardano i seguenti aspetti:

  • limite di durata: l’amministratore non può ricoprire la carica per più di 2 mandati consecutivi;
  • cause di incompatibilità: l’amministratore non può ricoprire la carica se sussistono cause di incompatibilità, come ad esempio la proprietà di un’unità immobiliare all’interno del condominio.

Inoltre, l’amministratore può decadere dalla carica o essere revocato dall’assemblea condominiale per diversi motivi, tra cui:

  • grave inadempimento dei suoi obblighi;
  • comportamento contrario ai principi di correttezza e trasparenza;
  • perdita della fiducia da parte dei condòmini.
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